Cosmè Tura, San Giorgio e la principessa (1469 circa).
Sono poche le opere che possono vantare, con la forza e la pregnanza che le
Ante d’organo di
Cosmè Tura possiedono, un significato storico e un valore simbolico tale da trasformarle in emblema di una città se non addirittura in icone di un’intera epoca.
In questa prospettiva, all’altissima qualità di questo capolavoro si unisce la consapevolezza che esso rappresenti una delle poche testimonianze sopravvissute, nel luogo che fu teatro della loro creazione, di un momento cruciale per lo sviluppo della cultura figurativa del Rinascimento.
Le quattro tele di Tura costituivano in origine gli sportelli dell’organo della Cattedrale, realizzato dal celebre maestro
Giovanni da Mercatello, in origine collocato al centro dell’abside e successivamente spostato nell’ottava arcata della navata centrale.
I dipinti rimasero legati alla cassa lignea fino al XVIII secolo, quando l’organo quattrocentesco fu sostituito da un nuovo strumento. Come sappiamo dai documenti, le tele furono pagate al pittore nel giugno 1469: questa data appare cruciale per la ricostruzione della parabola artistica del celeberrimo caposcuola della “officina ferrarese”.
L’attuale disposizione museale, che consente la visione unitaria delle quattro opere, non rispecchia l’originaria collocazione delle opere: le due ante infatti, dipinte all’interno e all’esterno, erano destinate ad essere aperte e chiuse, in relazione all’utilizzo dell’organo. A sportelli aperti erano visibili, a sinistra, l’
Angelo annunciante, e a destra, la
Vergine annunciata. Ad ante chiuse, invece, i fedeli potevano ammirare il grandioso
San Giorgio e la principessa, una delle scene più drammatiche mai dipinte in Italia nel Quattrocento.
Nonostante l’inscurimento tipico delle tele dipinte a tempera grassa, l’opera testimonia ancora oggi tutta la potenza espressiva e la straordinaria fantasia rappresentativa di Cosmè Tura. La grandezza dell’artista ferrarese si coglie appieno in brani come la sconvolta principessa che fugge via terrorizzata, adorna di preziosi monili che riecheggiano le arti suntuarie così amate dagli Estensi, o nell’indimenticabile San Giorgio, il cui cavallo imbizzarrito ha la stessa lucentezza materica delle sculture bronzee di Niccolò Baroncelli e di Domenico di Paris, attivi in quegli anni a Ferrara anche nella stessa Cattedrale.
Cosmè Tura, L'Angelo annunciante e la Madonna annunciata (1469 circa).