Maestro dei Mesi, Gennaio, Febbraio, Marzo e Aprile (1230 circa).
A sinistra dell’accesso alla chiesa, sono raccolte le sculture che ornavano la grandiosa
Porta dei Pellegrini, detta anche dei Mesi, situata al centro del fianco meridionale della Cattedrale, verso l’attuale piazza Trento e Trieste.
Dominano questa ala del Museo le formelle dei Mesi, opera dello scultore anonimo che da questo ciclo prende il nome di
Maestro dei Mesi di Ferrara.
Il mistero attorno all’identità di questo artista rappresenta uno dei quesiti più affascinanti della storia dell’arte medievale. Attivo a Ferrara, Forlì e Venezia nella prima metà del Duecento, fu uno dei più grandi scultori della sua generazione.
Nato in seno alla tradizione romanica padana di Benedetto Antelami, egli elaborò uno stile assolutamente personale, molto affine al naturalismo di matrice gotica in voga nelle decorazioni scultoree delle cattedrali dell’Île-de-France.
La sua attenzione alla natura e alla descrizione della realtà si esprime appieno nelle formelle dei Mesi. Le origini di questo tema si ritrovano nella decorazione musiva romana e nei calendari di età paleocristiana, ma è durante il Medioevo che questo soggetto, ora legato al lavoro agricolo, divenne una costante in tutta l’Europa medievale.
Il suo successo è senz’altro attribuibile ai significati simbolici insiti nella sua rappresentazione: il lavoro come espiazione del peccato originale e come scansione del trascorrere del tempo. Gli esempi di maggiore significato si ritrovano nella scultura di età romanica di area francese (ad Amiens e Chartres) e italiana (il ciclo antelamico del Battistero di Parma, quelli di Cremona e Fidenza e, dopo l’esecuzione del portale ferrarese, della Pieve di Arezzo).
Maestro dei Mesi, Luglio, Agosto, Settembre (1230 circa).
A Ferrara, nel Portale dei Pellegrini, l’aspetto narrativo legato alla rappresentazione dell’attività agreste diviene preponderante. Nei mesi di
Gennaio e
Febbraio, ad esempio, il Maestro riesce a rievocare il clima invernale grazie a dettagli quali le calzature dei personaggi o gli insaccati appesi e il calderone in cui bolle il sanguinaccio. Nell’originaria collocazione, che si è cercato di riproporre in Museo, la sequenza delle opere fu immaginata dallo scultore al fine di superare le barriere imposte dalle singole formelle per proporre all’osservatore un sequenzialità narrativa, come accade per il coperchio del pentolone di
Febbraio appeso alle spalle del Giano di
Gennaio.
Il Maestro dei Mesi raggiunge gli esiti più straordinari nel
Settembre. Qui il lavoro della vendemmia è reso al massimo grado di verosimiglianza: la cuffia serve per proteggere i capelli dalla caduta dell’uva non matura, la veste è annodata attorno alla coscia in previsione della pigiatura. Di risalto plastico strabiliante sono particolari come la cesta di vimini o la mano destra del contadino dove, nonostante la consunzione del marmo, sono ancora ben visibili le vene. Studi recenti hanno chiarito che il ciclo veniva a completarsi con una serie di formelle di uguale altezza, ma di minor spessore, raffiguranti i segni zodiacali. Esse probabilmente erano raccolte in un fregio a parte, secondo una tradizione iconografica risalente al Portale di Nicholaus alla Sacra di San Michele in Val Susa, posto probabilmente sopra l’arco inferiore del protiro e sotto alla cornice del suo piano superiore.
A causa delle vicissitudini che hanno interessato i frammenti della Porta dei Mesi, solo alcuni segni zodiacali sono giunti fino a noi, tra questi svetta il
Capricorno, simboleggiato dal
Fanciullo allattato da una capra.