La Sala Grande aperta a Nord con il portale monumentale e, collegata a Sud, attraverso la Loggetta dei Ritratti, all’antico viale centrale del giardino che conduceva alla Loggia del Cenacolo, costituisce l’asse centrale della Palazzina.
Questo ambiente è concepito come un “androne passante” tipico dell’architettura domestica e rurale ferrarese, dove si affacciano tutte le stanze della casa.
L’apparato decorativo del soffitto, seppure integrato (soprattutto nella parte vicina all’ingresso principale) dal Mazzolani nel 1906 e dal Pagliarini nel 1938, è sostanzialmente riconducibile alla bottega dei Filippi e denuncia la presenza dominante del Bastianino.
Nell’alto fregio alla sommità delle pareti corre una fascia con fresche figurette riferite all’antichità classica, entro dodici scomparti rettangolari; sopra ancora si snoda uno splendido meandro con fogliami, in cui sono inclusi otto cartigli con figure femminili giacenti.
Ricche e fantasiose grottesche in cui troviamo figure alate, animali fantastici e combinazioni floreali ripartiscono la volta. La composizione si chiude con una elegante cornice, dove entro cartigli si distendono quattro figure femminili, rappresentanti forse le stagioni.
Nello sfondato centrale una vivace girandola di amorini sorregge un disco; il brano, di grande qualità pittorica, è attribuito direttamente alla mano del Bastianino.
Alle pareti due grandi credenze da sacrestia, in noce a due ordini, di area veneta (sec.XVII) e al centro, un lungo tavolo a cassetti, gemello di quello posto nella Sala di Fetonte (italia settentrionale, sec.XVII); completano l’arredo una serie di seggioloni con intagli dorati del XIX secolo, in stile cinquecentesco.
Completano l’arredo due busti in marmo del XVI secolo di arte emiliana: il Busto di Beatrice Prisciani è databile al 1574 circa. La scultura faceva parte di un monumento funerario, fatto erigere per Beatrice dal marito Ferrante Estense Tassoni, nella Cappella Prisciani in San Domenico.
Del Busto virile si è perduta la provenienza originaria. Era probabilmente inserita in un complesso scultoreo a destinazione funeraria. Si trovava nella Certosa di Ferrara, dove nel corso del XIX secolo erano stati raccolti numerosi marmi provenienti da chiese e conventi soppressi.