Se l’origine di Schifanoia risale alla fine del Trecento, quando Alberto d’Este ne promuove la costruire al di fuori dal tessuto urbano della città, non v’è dubbio che l’immagine del Palazzo sia legata indissolubilmente alla figura di
Borso d’Este, signore della città tra il 1450 ed il 1471, e al cosiddetto
Salone dei Mesi.
Impegnato sin dal 1467 nell’ampliamento della Delizia di famiglia, Borso decide infatti di far decorare anche l’ambiente più grande, fulcro dell’intera costruzione. A tal fine convoca nel 1469 una nutrita schiera di pittori con l’intento di ornare il Salone in previsione della sua nomina a Duca della città.
Il Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia con la nuova illuminazione (2020, photo credit: Henrik Blomqvist)
Autore del programma iconografico – una sorta di grande calendario nel quale si mescolano le esigenze celebrative di Borso, la mitologia antica e l’astrologia araba – è
Pellegrino Prisciani, astrologo e bibliotecario di corte. Per quanto attiene invece l’ideatore artistico questo è stato a lungo identificato in
Cosmè Tura. Si tratta, in realtà, di una notizia destituita di qualsiasi fondamento e le poche certezze relative all’autografia delle decorazioni si riferiscono alla parete est, dove fu attivo
Francesco del Cossa, come prova una lettera che egli stesso indirizzò a Borso nel marzo del 1470. Nelle decorazioni superstiti della parete settentrionale, la critica ha invece riconosciuto, tra gli altri, un anonimo pittore noto con il soprannome di
“Maestro dagli occhi spalancati”,
Ercole de’ Roberti e
Gherardo di Andrea Fiorini da Vicenza.
Il grande Salone misura quasi 25 metri di lunghezza per circa 11 di larghezza, l’altezza raggiunge invece i 7 metri e mezzo. La superficie dipinta raggiungeva pertanto i 525 mq, una cifra che fa di questo ambiente uno dei più grandi cicli decorativi profani del Rinascimento.
Le pareti sono contraddistinte dalla presenza di
dodici sezioni che corrispondevano ai dodici mesi dell’anno: di questo ne sopravvivono solo sette. I mesi sono intervallati da aree nelle quali erano dipinte scene di vita urbana o cortigiana. Il senso di lettura generale è orizzontale, da destra verso sinistra, mentre per quanto attiene ciascun mese si procede in verticale: in alto il Trionfo della divinità protettrice del mese raffigurato, nella fascia mediana il segno zodiacale e i rispettivi decani, infine, l’ultima è dedicata ai fasti del committente, effigiato per ben tre volte in ogni scena mentre ostenta le virtù ducali che contraddistinsero il suo regno.
Il Salone era pensato come una sorta di scatola scenica illusoria: ventidue paraste dipinte simulano la funzione di reggere il soffitto ligneo partendo da un alta balaustra decorata da fregi con putti. Questi elementi erano chiamati a simulare la presenza di uno spazio illusorio, una sorta di loggia all’antica che si apriva sulla Ferrara all’epoca di Borso d’Este.
Clicca qui per visitare il Salone attraverso Google Street View